Il giorno 10.3.2025 presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” si è tenuto un seminario di studi intitolato “Davanti a Dio, davanti agli uomini. Il concetto di responsabilità negli ordinamenti religiosi”. Ha introdotto e moderato il prof. Antonio Fuccillo (Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”), sono intervenuti la Prof.ssa Maria D’Arienzo (Università degli Studi di Napoli Federico II), il prof. Vasco Fronzoni (Università Telematica Pegaso) e la prof.ssa Ludovica Decimo (Università degli Studi di Sassari).
La prof.ssa Maria D’Arienzo introduce il concetto di “responsabilità”. Nel diritto canonico la responsabilità unisce sia la sfera giuridica che la sfera morale attinenti alla persona, conducendo dunque ad un’ampia configurazione sia legale che etica all’interno della società. La clausola della responsabilità è strettamente legata alla sanzione: “avere responsabilità” implica come naturale conseguenza un obbligo giuridico e morale.
Il Codice del 1917 non prevedeva l’obbligo di riparazione del danno, mentre il Codice del 1983 introduce la necessità di rispondere per colpa o dolo, distinguendo tra danni giusti e ingiusti. Ogni atto, giusto o ingiusto, produce conseguenze, e davanti a Dio si risponde anche di azioni che la società non sanziona. Una responsabilità che anche i filosofi del diritto individuano come “morale”, poiché “giuridica” sarà solo quella scaturente dalle condotte perseguite nel codice. Le conseguenze possono essere dunque spirituali o materiali, con riparazioni civili laddove applicabili. In conclusione, la responsabilità canonica abbraccia sia la sfera temporale che quella eterna, con implicazioni che vanno oltre il diritto civile, ma che rilevano anche in ambito giuridico quando l’azione ingiusta esercitata è prevista come tale dalla legge.
La parola è poi passata al prof. Vasco Fronzoni, il quale è intervenuto sottolineando alcuni aspetti inerenti al diritto musulmano.
Nel contesto del diritto di famiglia marocchino il re del Marocco svolge un duplice ruolo: rappresenta una guida temporale e spirituale.
Nella cultura musulmana il matrimonio è visto come l’unico contesto legittimo per i rapporti sessuali, e la verginità è considerata un bene di gran valore. L’articolo 475 del codice penale marocchino, ora abrogato, prevedeva il cosiddetto “matrimonio riparatore” in casi di stupro, una pratica che trasformava il matrimonio in una forma di punizione, come analizzato nel film “Quando il matrimonio diventa una punizione”. Il matrimonio riparatore, individuato formalmente come una tutela nei confronti della donna stuprata, veniva in realtà utilizzato come “fuga di responsabilità” da parte dell’uomo, il quale sposava la donna, potendo in seguito divorziare o ripudiarla, sottraendosi così, da un lato, dall’essere perseguito per lo stupro, e dall’altro dal rimanere in un matrimonio non voluto. Oggi, questa istituzione non esiste più, segnando un passo significativo verso la tutela dei diritti delle donne e l’abolizione di pratiche discriminatorie.
Infine, il contributo della professoressa Ludovica Decimo ha riguardato la responsabilità degli enti religiosi, i quali operando nell’ordinamento giuridico italiano possono essere chiamati a rispondere per le proprie azioni o omissioni sia nei confronti dello Stato che nei confronti di terzi. La responsabilità civile degli enti religiosi può derivare dati illeciti commessi dai loro rappresentanti o dipendenti, nonché dalle attività svolte nell’ambito delle loro funzioni istituzionali. Le norme di riferimento sono gli artt. 2043, 2049, 2051 e 2053 c.c. La prof.ssa Decimo evidenzia come un ambito particolarmente rilevante rispetto all’attività degli enti religiosi sia la responsabilità dei fatti illeciti commessi dai membri del clero o da altri operatori all’interno delle strutture religiose. A tal riguardo vengono individuate diverse sentenze attraverso cui la giurisprudenza ha affrontato casi di abusi e negligenze stabilendo che l’ente religioso può essere chiamato a rispondere civilmente se si dimostra aver omesso di vigilare adeguatamente o aver tollerato comportamenti dannosi. La responsabilità civile degli enti religiosi rileva altresì riguardo alle questioni patrimoniali, come ad esempio la gestione di beni immobili o delle attività economiche. Anche in tal caso gli enti religiosi devono agire garantendo una gestione rispettosa della normativa vigente evitando in questo modo di provocare danni a terzi. Rispetto alla responsabilità amministrativa, la normativa di riferimento è fornita dal Decreto legislativo n. 231/2001 il quale agli articoli 24 ss. individua le fattispecie di reato in cui gli stessi potrebbero incorrere esercitando le proprie attività. La finalità religiosa cui sono destinati gli enti ecclesiastici, e dunque la relativa protezione costituzionale, fa sì che riguardo alle proprie attività istituzionali essi non rientrino nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 231/2001. Ciò a differenza delle attività “diverse” (di assistenza, beneficenza, istruzione e commerciali), poiché le fonti pattizie prevedono l’applicazione delle norme di diritto comune, salvo che queste ultime non siano in contrasto con la struttura e le finalità dell’ente .
La professoressa Decimo invita a riflettere su come una condotta risarcitoria esemplare ai danni dell’ente ecclesiastico comprometterebbe le risorse economiche dello stesso nonché la sua sopravvivenza all’interno dell’ordinamento giuridico, con una conseguente paralisi delle attività istituzionali e pregiudizio rispetto alla missione dell’ente religioso. Pertanto ai sensi di una sana cooperazione tra la Chiesa e lo Stato, il giudice secolare opera bilanciando la tutela del singolo danneggiato e al contempo la tutela del patrimonio ecclesiastico.
