Report “Rosario Livatino, beato, magistrato… un giovane”

Il 2 dicembre 2025 si è svolto presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” il convegno “Rosario Livatino, beato, magistrato… un giovane”, dedicato ad una profonda riflessione sulla vita e sull’operato del giudice Livatino. Al termine dell’evento celebrativo è stata scoperta la statua commemorativa del Beato Rosario Livatino, donata dalla Fondazione San Giuseppe dei Nudi di Napoli e benedetta da S.E. Pietro Lagnese. Il Magnifico Rettore Prof. Gianfranco Nicoletti ha aperto i lavori evidenziando il valore simbolico e identitario della giornata, dedicata alla memoria del giudice Rosario Livatino, ucciso nel 1990 e riconosciuto dalla Chiesa come martire della giustizia e della fede. Egli ha descritto Livatino come un magistrato competente, integerrimo, guidato da fede, equilibrio, senso del dovere e sobrietà. Sono stati ricordati alcuni episodi della sua vita ed alcune sue frasi, sottolineando che la giustizia non è solo un insieme di norme, ma uno stile di vita. È stata, poi, annunciata la posa del monumento dedicato al giudice nell’ateneo, come fonte di ispirazione per gli studenti e simbolo del loro impegno verso il bene comune. È stata, inoltre, posta l’attenzione sul valore di collocare il monumento in un’università anziché in un tribunale: un luogo formativo dove Livatino può diventare esempio per giuristi, magistrati e soprattutto per i giovani. Viene richiamata una frase fondamentale del giudice: “Nessun uomo è luce a sé stesso”, indicando che le scelte morali, professionali e personali richiedono una guida e una luce superiore. La testimonianza di Livatino mostra come si possa vivere pienamente la propria vocazione anche nel ruolo di magistrato, unendo professionalità, etica e spiritualità (Dott. Domenico Airoma). Nonostante Livatino non fosse una figura che cercava visibilità pubblica, ha sempre proclamato il diritto e la verità con estrema fermezza. Le sue decisioni, sia per qualità che per quantità, sono impressionanti, soprattutto considerando l’alta caratura criminale degli imputati e il contesto storico in cui operava: un periodo privo di molti degli strumenti che oggi diamo per scontato, come il 41-bis, la legislazione sui collaboratori di giustizia, le tecnologie moderne e il coordinamento tra le strutture antimafia. In quegli anni, con risorse limitatissime, Livatino ha svolto un lavoro eccezionale, dimostrando un rigore professionale che non gli ha mai impedito di rispettare il diritto degli imputati e il ruolo fondamentale dei difensori, come nel celebre episodio della scarcerazione di Ferragosto. La sua concezione di giustizia era animata da un’umiltà profonda, ma anche da una ferma convinzione nel valore sacro dell’esercizio della legge. Per questo, non lo ricordiamo solo come un magistrato esemplare, ma lo veneriamo anche come beato (On. Alfredo Mantovano). L’effigie di Livatino nel Dipartimento di Giurisprudenza è altamente significativa per il valore educativo che essa rappresenta, ricordando agli studenti l’importanza dei valori fondamentali che hanno ispirato la vita del magistrato. La missione di Livatino era quella di amministrare la giustizia e di difendere coloro i quali venivano calpestati nella giustizia. Livatino ci ricorda, inoltre, che l’indipendenza dei giudici è frutto della loro credibilità, che si costruisce quotidianamente in un lavoro essenziale con la propria coscienza (Mons. Pietro Lagnese). Il 9 maggio 2021 la Chiesa ha proclamato Rosario Livatino beato, ucciso in odium fidei. I suoi assassini, come emerso da successive dichiarazioni dei pentiti, lo colpirono poiché non si lasciava corrompere, rappresentando una giustizia vissuta con fermezza e purezza. Trattasi della prima beatificazione di un magistrato nella storia della Chiesa, che riconosce, dunque, la radice spirituale del suo impegno professionale, una fede che alimentava la sua libertà, la sua forza morale. Sono state, infine, ricordate le parole del Ministro Nordio, il quale ha osservato che la figura di Livatino non sia assimilabile ad altro magistrato morto nell’adempimento del suo dovere, poiché unisce il martirio civile al martirio religioso, la dedizione allo Stato alla testimonianza di fede (Dott.ssa Maria Rosaria Covelli).

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